martedì 23 agosto 2011

Tempesta continua

Aspettiamo il sereno, e continua la tempesta. Ad ogni segnale di meteo in evoluzione pietosa si accende la fiammella della speranza, ma non si fa in tempo a sospirare un “finalmente” che la bufera riappare, grintosa più di prima. Quello che non cambia (se non per minimali dettagli retorici) è il coro dei commenti mediatici, l’orchestra dei distinguo, dei pareri tecnici, nella gara a chi pretende di offrire migliori farmaci per la sempre più costernante patologia del cosiddetto sistema.
Ecco alcuni titoli del quotidiano di opposizione più coriaceo e costante, La Repubblica, versione on line (10/8/2011,ore 19,30): “Wall Street in caduta, Milano chiude a -6,6%. Timori sul debito francese, affondano le banche. Borse europee a picco, Parigi annuncia piano antideficit”, eccetera. Assaggini di testo. “La giornata. Perdite pesanti su tutti i mercati. Piazza Affari crolla con i titoli finanziari”. Consob, “Vendite allo scoperto nei limiti”. “I rumours sul possibile down grade della Francia scatenano il panico. In rialzo spread Btp-Bund.” In tanto sfracello, qua e là s’insinua un pigolio di speranza, quasi tirato per la coda:.“Bene l’asta dei Bot”. “La Fed non alzerà i tassi fino al 2013”. Naturalmente affiora anche il capino dell’esperto che ci spiega Chi allontana gli investitori. Ecco in campo Carlo Clericetti: “Gli Investitori disertano piazza Affari” La colpa? E’ “dell’immagine italiana all’estero. Le troppe incertezze sul futuro del Paese e sulle decisioni del governo tengono lontani gli acquirenti dal mercato azionario” E butta giù un’accusa al vetriolo: siamo “Commissariati”. Addirittura! Ora, non è che la metafora catastrofica sia del tutto sfasata con la sostanza del dramma reale, ma non si può obliterare la circostanza che siamo dentro gli incontrollabili vortici di una bufera generale, estesa dagli Usa a tutta l’Europa. In tale ampiezza di contesto come si potrebbe legittimare un restringimento polemico siffatto? Lo sappiamo: homini sumus, nihil humani a me alienum puto: a cominciare dalla tentazione di accusare sempre il nemico per i nostri guai. Non bastano le sue responsabilità reali?
Tremonti, il ministro-mago, ha una ghiotta occasione di sfogare la sua sempre meno mascherabile vena sadica. A stento frena il ghigno dei suoi diktat: dobbiamo, sentenzia, “ristrutturare la manovra”. La quale, non essendo il candidato a tanta ristrutturazione, un vecchio casale, ma il destino matematico della nostra carne, costerà lacrime e sangue. Un sanguigno politico della c.d. Prima Repubblica definiva la politica un coktail di sangue e cacca (ma lui chiamava la cacca col nome proprio). Tremonti non è meno immaginoso, anzi il suo Titanic egalitario è già stato promosso a parabola storica, ma predilige immagini meno plebee. Lacrime e sangue, dunque. Si potrebbe impetrare dagli Oscuri (timida immagine personale della dismessa Provvidenza) un tasso di rassegnazione patriottica, quanto penitenziale. Ma, ahinoi, a tanta virtù cristiana si oppone la malignità subdola dei manovranti. La manovra, infatti, onora un vecchio codice truffaldino: “paghiamo tutti, per pagare meno”, la cui lettura corretta suona questa fregatura: paghiamo tutti perché paghino, in realtà, solo i poveri. Non che i ricchi non siano costretti a disturbare il pingue portafoglio, ma il loro “obolo” non gli sposta un capello dal cranio, mentre quel pagare dei poveri (dai piccoli borghesi, che pareggiano al limite il bilancio, ai miserabili che non hanno alcun bilancio) rade fino al cuoio capelluto. Per non dire di un fenomeno di recente evoluzione: tentare di far pagare due volte chi ha già pagato, per esempio, la bolletta dell’acqua, chiedendo la ricevuta vecchia perfino di 10-15 anni! Caso accaduto, ripetutamente, in un ramo della parentela, e insomma in questa Sicilia dai primati storici così spesso negativi fino al paradosso. Ancora più raffinata, in chiave di sadismo amministrativo, è la pretesa di far pagare a chi non ha soldi bastanti a garantirsi ogni giorno colazione e cena gli errori contabili dei funzionari delle Agenzie del Welfare. Quando, poi, la Lega s’intigna con la sua recitata indignazione -tipo: “Esclusa ogni patrimoniale”- non si vede il volto popolare di quel no paseran, considerato che una patrimoniale sui beni dei miliardari dell’Italia liberista e carogna non sarebbe che un doveroso, quanto opportuno, atto di probità. Mentre tassare di più le rendite sul Debito sovrano livellando pescecani e poveri diavoli al di sotto dei 200.mila euro di capitale raccolto a briciole sarebbe (sarà?) l’ennesima vigliaccata temeraria di questa classe politica pletorica, bugiarda, ciarlona, incollata al suo particulare. E sia detto, ovviamente, con rispetto delle minoranze (non proprio affollate) degli onesti e capaci, militanti nelle file delle opposizioni più marcate e decisamente popolari (al di là delle ufficiali qualifiche e nomenclature).
Nell’ottica di quel rispetto, si comprende bene perché la Camusso, segretaria della Cgil, attacca (ma quasi con delicatezza) il recente incontro governo-parti sociali come “non all’altezza”. Il premier annuncia un consiglio dei ministri. con obiettivo “Pareggio di Bilancio entro il 2013 e nella Costituzione”. Una furbata (direbbe Di Pietro), quella coppia, data-Costituzione, per giocare la solita partita truccata dei grandi annunci seguiti da zero fatti o micro-iniziative. Ma ora c’è lo smottamento generale, cui fa drammatica eco la serietà di Gianni Letta, sottosegretario e consigliere del principe: “Scelte rapide, è precipitato tutto”. A ridosso del consolante annuncio, ai sindacati non resta che lo sforzo minimale di un auspicio-monito:“Ci vuole equità”. Più diretto e deciso, il pur alleato Bossi, a nome dell’intero Carroccio, si dichiara “contrario a interventi contro pensionati e realtà produttive”. Certo, dal dire al fare, poi, c’è di mezzo il proverbiale mare. Attendiamo. Sperando in qualche spiraglio.
Che arriva, “scampanato”, da titoli come i seguenti della Repubblica on line (11/08/2011, ore 19): “Borse, l’Europa riprende a correre, Milano vola con le banche, più 4,1%”. Ma lo spiraglio, che respira corto, non previene l’inevitabile “scontro su Tremonti” e le sue ricette tossiche: “Tasse su rendite, libertà di licenziare”. Così il tremendo superministro, dritto e affilato dietro una maschera malriuscita di emotività solidale. E se si volesse ricordargli la drammatica realtà sociale tradotta in cifre sul Corsera dello scorso 16 luglio, lui farebbe spallucce, infastidito del doversi ripetere: “è forse colpa mia? Sono forse il custode di mia sorella Società in sofferenza di povertà?” Ché di questo si tratta, come canta in lacrime già il titolo: “Povertà per 8 milioni di italiani. La soglia critica dei 990 euro. Con l’occhiello che dettaglia queste lacrime:“I più poveri tra i poveri”sono tre milioni. Cifre dell’Istat. Recita il testo, correggendo in parte il titolo in augendum: “Ci sono quelli che l’Istat chiama i ‘più poveri tra i poveri’, e sono oltre tre milioni di italiani, un milione e 156 mila famiglie, il 5,2 per cento della popolazione e il 4,6 per cento delle famiglie. Sono quelli che vivono in condizioni di povertà assoluta, quelli che […] non riescono a procurarsi ‘l’insieme di beni e servizi considerato essenziale per uno standard di vita minimamente accettabile” Ebbene, cosa inventa Tremonti per sanare questa violenza disumana non dichiarata (forse perché, da parte delle vittime, non ci sono ancora grida e spari)? La supermanovra da 45 miliardi e mezzo distesa sul letto di un triennio, con tutti gli abusi su “i soliti noti” destinati a pagare sempre, per dirla con Scalfari. Il quale, nel suo editoriale della domenica, definisce la manovra “una schifezza”, illustrandone le storture, le furbizie, le reticenze a vantaggio dei Paperoni e a scorno dei pulcini del ceto medio--popolare. E chiede pure, il vampiro di Transilvania GiulioTremonti, l’una tantum di solidarietà ai percettori di redditi superiori ai 90 mila euro lordi l’anno. Non si stenta a capirlo, visto che appartiene alla categoria dei paperoni. Lo si capisce pure quando del suo monumentale reddito si serve per pronunciare la sua (pretesa) inattaccabilità dal virus dell’ingordigia border-line, o palesemente (fiscalmente) scorretta. Ecco sue storiche esternazioni:“Ho guadagnato molto, ero il primo contribuente della Camera. Ma ho sempre mantenuto uno stile di vita sobrio, e non ho mai avuto bisogno di favori”. Per sì luminosa evidenza, dunque, con la vicenda incardinata sul dinamico signor Milanese lui non c’entra niente (ripete), ma i fatti dissero (e van ripetendo) il contrario. Non risparmia neppure le iperboli ricattatorie, il Riccioluto: “Chi mi attacca danneggia il Paese”. Il quale, già di suo, si scopre bersaglio elettivo di chiare manovre speculative. Dati i mal nascosti sfrigolii tra lui e il premier, non sembra un eccesso di ostilità moralistica intravedere in quella “precisazione” sul Paese minacciato una chiamata di correità antipatriottica per don Silvio. Ma vediamo alcuni punti della supermanovra. “Tassa straordinaria sugli assegni d’oro e minore indicizzazione al costo della vita. Sulle pensioni più ricche scatta, dal 10  agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014 un prelievo straordinario del 5% sugli importi superiori a 90 mila euro lordi l’anno e fino a 150 mila euro, del 10% per la parte eventualmente eccedente. A formare l’importo concorrono anche i trattamenti di pensioni complementari. Inoltre si riduce per il 2012 e il 2013 l’adeguamento degli assegni all’inflazione” Et altro non ci appulcro, diremo con padre Dante.
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Interrotta lo scorso11 agosto, riprendiamo oggi, 20, la stesura di questo sfogo anti-nevrosi, constatando la non auspicata conferma al suo titolo poco allegro. Da quella data non è passato giorno senza titoli, e annunci mediatici di schietto allarme in crescendo, e altrettanto drammatici resoconti commenti analisi tecniche e proposte pedagogiche per una lotta vincente alla deriva drammatica delle economie europee. Ma invece di segnali incoraggianti (che non fossero fuochi fatui) si è avuta una specie di fatalità dell’inarrestabile. Che sembra prevista da un titolo del Corsera del 4 agosto: Niente tregua, Borse e Bpt giù .Ma il primo allarme del presente “aggiornamento” grida da questi titoli della torinese Stampa del 19 agosto. Titolone di taglio centrale, caratteri “ciclopici”: Borse, panico da recessione [titolo in senso stretto]. ‘Morgan Stanley taglia le stime della crescita mondiale. Male bancari e industriali. Petrolio a picco, l’oro su valori record’ [occhiello]. “L’Europa brucia 300 miliardi, è il peggior crollo dal 2009. Milano maglia nera” [catenaccio]. Gian Enrico Rusconi, nell’editoriale cupo già nel titolo, Governare senza crescita, fin dal primo capoverso suona le annunciate campane a lutto:“Come si governa una società senza più crescita? Una società che verosimilmente non avrà più crescita nel senso e nella misura in cui gli economisti e i politici l’hanno intesa sino a ieri? La classe politica dirigente europea non sembra essere in grado di rispondere a questa domanda cruciale”. “Europea”: dunque nemmeno la tedesca? Nemmeno “lei”. La famosa Angela Merkel, cancelliere dei miracoli, già vacilla, incalzata da certo nervosismo dei suoi elettori e del partito, allarmati, gli uni e l’altro, dalla crisi non meno degli altri soggetti europei, a dispetto del vantaggioso confronto delle rispettive economie. Insomma, la bufera minaccia anche la roccaforte tedesca. Del resto, la visione politica che l’ha ispirata rimane angustamente limitata, cioè “schiettamente conservatrice, sia pure nel senso nobile della tradizionale democrazia cristiana tedesca”

A sua volta il Corsera del 20 rinnova l’allarme: “Un’altra giornata pesante per i mercati. Piazza Affari in coda: perso quasi il 2,5% [occhiello] Borse, Milano soffre di più [titolo] Bruxelles rilancia gli Eurobond. No di Merkel e Sarkozy [catenaccio]. Questi due polli sapienti, galletto e faraona! Il tandem dei responsabili al di sopra delle comuni sofferenze e delle altrui limitazioni “euristiche”, pretende di tenersi fanaticamente lontano dai comuni leader politici. Recita, nei fatti, l’oraziano odi profanum vulnus et arceo? Ma, abusando del latinorum, Cui prodest tanta boria?.Incipit e primo capoverso del testo corseriano: “Borsa ancora in caduta in tutta Europa. Milano chiude con il risultato peggiore. I mercati finanziari scontano i timori di una nuova recessione che potrebbe partire dagli Stati Uniti”. Questo pantano emozionale ingrassa i beni rifugio, e principalmente il coriaceo oro: la quotazione del quale “ieri ha raggiunto il nuovo massimo storico: 1877 dollari all’oncia”. L’“analisi di una storia” ci propone un giudizio stagionato di Massimo Gaggi, Lehaman e noi. Una crisi in quattro anni. Gustiamone un assaggio: “Da Ben Bernanche a Umberto Bossi. Quattro anni di una crisi estenuante che pochi hanno capito nella sua dinamica e nelle conseguenze –una crisi che purtroppo non ci lascerà tanto presto —possono essere raccontati anche così, ponendo ai suoi estremi due facce assai diverse”. Ma siccome il nostro discorso si è gonfiato troppo, rinunciamo a ri-degustare qui la ghiottoneria gaggese lasciando spazio alla disperazione del nostro Stato maltrattato, che pensa quanto annunciato dal seguente titolo: Vendere uffici e caserme. Il piano per fare cassa. Testo-sommario: “Le dismissioni del patrimonio immobiliare dello Stato e la revisione del contributo di solidarietà per tener conto della composizione del nucleo familiare sono le ultime proposte per risanare i conti pubblici”.
Intanto, la Chiesa, generosa com’è, sul filo del Vangelo, ci dà una mano con la voce del cardinale Bagnasco che definisce “impressionante” l’evasione fiscale italiana. Ed è stata l’accensione del proverbiale fiammifero dentro un pagliaio: i blog gli hanno ricordato che santa madre Chiesa non paga tasse al nostro Stato, sprecone e lecchino, per un bel gruzzolone di miliardi. Infuria, intanto, la fiera delle esternazioni sulle ipotesi di novità nella manovra in cantiere, mobilizzando la platea politica maggiore e minore, dal Parlamento alle salette dei piccoli comuni. E la proposta di dimezzare l’operosa legione dei parlamentari “scuote il Palazzo”. Dietro la “scossa” crepita una realtà pelosa (di egoismo brado): “Metà dei parlamentari ha il doppio incarico e diserta l’Aula”. Non bastassero le rogne serie, si mobilitano anche le città della Lega a rompere l’anima ai signori governanti e al non più invulnerabile Bossi. Dice il Corsera citato: “Parte dal Veneto la rivolta dei sindaci del Carroccio”. Ed è un “classico”: appena si accenna a parlare di risparmi con tagli, enti e prebende minacciati intonano il canto della lacrimante e minacciante Protesta. Sì, è la solita, classica, monotona storia: “Non nel mio cortile!”.Intanto don Peppino De Rita ci regala uno dei suoi pungenti editoriali per lamentare l’implicito del titolo: Parti sociali, timide idee . Ovvero: “Più tavole che proposte”. Ne riportiamo soltanto il rombo dell’incipit: “Nel recente convulso accavallarsi di annunci, fenomeni e disinneschi della crisi finanziaria, non tutti i soggetti collettivi, politici come socio-economici, sono riusciti a capire e difendere le proprie filosofie di sviluppo e al limite i propri interessi. / In particolare, un soggetto è apparso in grande difficoltà: il mondo che chiamiamo ‘forze sociali’, quell’insieme cioè delle organizzazioni che rappresentano i diversi interessi imprenditoriali, sindacali, categoriali. Non si è vista traccia di una loro idea, iniziativa, proposta, mentre il governo era obbligato a inventare e correggere una molteplicità di ipotesi e interventi. Eppure erano state le forze sociali a segnalare l’urgenza di muoversi; era stato il presidente dell’Abi, Mussari, a redigere un drammatico documento” sul rischio che correvano (e corrono) le banche: di essere travolte dal caos dei mercati di titoli. E perfino quello di essere svendute. Il benemerito Mussari ha raccolto un bel bouquet di firme autorevoli per la sua meritori difesa. Sia lode al merito. Cosa che non si può dire della maggioranza politica al governo, incapace di sposare .“l’idea di ripetere l’indimenticato, mitico 1992-93”
Un attacco assai più demolitore ai nostri governanti (un nostri allargato all’intero Occidente!) viene dall’editoriale, non insolitamente furioso, di Ernesto Galli della Loggia, su “La debolezza delle leadership”, dal titolo sonante, anzi scampanante: Governanti del nulla Ne riportiamo l’incipit, che poi è un lungo capoverso: “Nonostante gli sforzi di Merkel e Sarkozy per apparire due veri statisti, o l’impegno di Obama per apparire un presidente capace di tenere tutto sotto controllo, le opinioni pubbliche occidentali si rendono sempre più conto che in realtà, oggi, nessuno dei propri governanti tiene sotto controllo un bel nulla. E tanto meno riesce a immaginare una qualche via d’uscita da una crisi che ormai sembra avviarsi ad essere di sistema. Proprio nel momento peggiore della sua Storia postbellica l’Occidente, insomma, scopre di essere nelle mani di leader privi di temperamento, di coraggio e soprattutto di visione.”.Giudizio duro, dunque, ma anche ponderato, equanime, realistico? Non è questo il luogo per una dissezione anatomica tignosa, ma, a volo di uccello (speriamo, della pace!) diremmo che lo si può condividere all’80-90%. Una motivazione? Le differenze tra l’una e l’altra personalità non scavano solchi profondi.
Intanto, la tempesta continua a rombare già dai titoli. Eccone alcuni dal Corsera del 21. Manovra, i punti di Berlusconi  Occhiello: Unioncamere: 88 mila posti persi nel 2011. Allarme per le giovani famiglie indebitate (occhiello). Pensioni, prelievo, Iva: “Niente rigidità, decida il Parlamento”. Questo “catenaccio” veicola la voglia-necessità del premier di apparire liberale, democratico, istituzionale. E’ la sua solita tattica: quando non può ottenere il totale, il Berlù si accontenta del parziale: L’importante è “regnare”. Ecco un sommarietto dell’articolo: “Ipotesi Iva su di un punto e pressing su Bossi per le pensioni. Così il premier Silvio Berlusconi [ce n’è forse un altro?] intende cambiare il decreto. Palazzo Chigi avvisa: niente rigidità, decida il Parlamento. Intanto la crisi stringe sempre più le giovani famiglie: solo 3 su 10 risparmiano. E per il lavoro si annuncia una ripresa difficile. Unioncamere infatti lancia un nuovo allarme: nel 2011 previsti 88 mila posti in meno”. Alleluia!
Pasquale Licciardello

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