domenica 11 settembre 2011

Plan per il Corriere violato

Ho appena asciugata l’ultima lacrima del gran pianto per il Corriere stuprato. Mi ripeto ancora: come si fa a concepire sì osceno peccato?         Tappare la bocca al più grande quotidiano nazionale, al re dei giornali, buondio, come si fa!? Susanna, l’hai fatta grossa. Imperdonabile leggerezza o dissennata faziosità, sei entrata nella storia nazionale per il l’ingresso sbagliato. Mentre imploriamo l’elegante De Bortoli così indegnamente offeso, di accettare, nel suo magnanimo aplomb, la nostra umile solidarietà di lettore fedele, traslochiamo dal tono ludico a poche osservazioni serie.
         Cominciando con un senso di nauseata sorpresa per l’attitudine lecchina di certi leader sindacali degni di meno seria responsabilità: sollevare tanto chiasso, di ciarle dette e scritte, per un atto di solidarietà compatibile con più seria occasione è stata l’ennesima conferma di un’ostilità preconcetta verso la concorrente sindacale. E l’implicita condivisione di una colossale bufala: il diritto all’informazione violato. In un Paese dove l’unico “problema” dell’informazione è la sua diluviale straripanza la mancata deroga della Cgil ai lavoratori del Corriere è meno di un’estiva puntura di zanzara. I signori Bonanni e Angeletti (accidenti ai nomen omen), salvo rarissimi casi, hanno nel Dna politico la vocazione a contrastare le iniziative della concorrente Cgil. Anche sparando sublimi Kazzate. E’ stata forse impedita l’edizione on line? Trasferire un titolo da un dato giorno al successivo è questo orrendo disastro aziendale e delitto sindacale? O, addirittura, vulnus di civiltà?
         Ma godiamoci qualche scampolo delle barbute esternazioni dei leader sindacali al lecca-lecca. Ecco il Bonanni dello storico lunedì strombettare, fiero e solenne: “E’ molto grave quello che è successo per il Corriere della Sera. E’ lesivo della libertà di informazione. Negli scorsi scioperi la Cgil aveva mantenuto l’equilibrio, invece questa volta ha minacciato l’uscita del quotidiano. L’unico a non uscire”. Nel sacro fuoco dell’indignazione, il passionale ha ceduto anche a qualche improprietà verbale: se il Corsera è stato l’unico quotidiano a non uscire, quel “minacciato” è debole al confronto con un rigoroso impedito. Anche se quell’unico è falso. Al primo assalto Bonanni, coraggiosamente, fa seguire il secondo, fregiato dai nomi colpevoli: “Camusso, come si vede con la vicenda del Corriere, invece vuole imporre la sua opinione. Dopo l’accordo del 28 giugno scorso è tornata nelle braccia di Landini”. Tra braccia e cognome, sembra che l’onesta Susanna se la intenda con uno sconcio talebano! Più sfumato Angeletti, se, per il “caso raro” incrimina “un clima teso oltre misura”, con “troppa contrapposizione e poco dialogo”. Con inevitabili “scontri tra diritti”, in fattispecie, “quello allo sciopero, da un lato, e quello all’informazione dall’altro”. Fatto deprecabile, “soprattutto se il diritto all’informazione viene sacrificato a danno di coloro che sembrano prospettare idee diverse”. Indi, il botto finale. “A Lei,dunque, caro De Bortoli, che ha dovuto subire le conseguenze di questi contrasti, va la solidarietà mia e della Uil tutta”. E la Camusso, come si muove in tanto clamore? Diremmo, con eleganza e determinazione. Puntando sul secondo sostantivo, eccone il testo, vibrante di quella fermezza-sfida che sarebbe stata bene nelle parole dei due maschi sopra onorati: “Il direttore de Bortoli ha ragione quando dice che sono pochi i giornali non usciti oggi [martedì  6 ], lo prendiamo come monito per essere più presenti nei giornali”. Il full stop è preceduto da questo secco memento: “lo sciopero è un diritto dei lavoratori”
Agli autori degli attestati di solidarietà a De Bortoli direi soltanto una parola, se ne valesse la pena: vergognatevi. Per aver montato una quaestio degna della veneranda Scolastica e del suo massimo campione, Tommaso d’Aquino, una quaestio (e querelle) di pure sonorità verbali in un momento di sventure reali per l’Italia. Anzi, per la sua parte senza difesa contro disoccupazione, carovita, tasse “semoventi”, governo incompetente, politici-casta e maggioranza di ingordi egoisti complici di ricchi e benestanti, teneri con gli evasori (braccati più a suon di stentorei annunci e verbose ciarle che di fatti e contatti) e con gli speculatori più o meno mascherati. Governo capace, infatti, di annunciare e subito rinunciare, a valle di sudici pigolii e ripulse criminali dei ceti-bersaglio, a un mini-prelievo di solidarietà, perfino di un prelievino del 5, poi del 3 % dei redditi da signori viziati e corazzati nel più turpe egoismo. Redditi da 300 mila euro in su! Quando si sarebbe potuto cominciare dai cento o novanta. Et altro non ci appulcro - diremo, in amarezza, col Poeta).
Anzi, sì: prendiamo in prestito da Dario Di Vico la domanda finale dell’editoriale Mettete un punto: “Che fine ha fatto il dimezzamento dei parlamentari?”
Pasquale Licciardello
         

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