mercoledì 29 settembre 2010

Biografie.

Riportiamo le biografie di alcuni transfughi che hanno aderito al pdl non tanto per interessi personali ma per il bene della nazione, per il buongoverno e per salvare l'italia dal pericolo comunista.


cuffaro salvatore.


Durante la sua prima presidenza alla Regione Siciliana Cuffaro è entrato, insieme ad altri, nel registro degli indagati per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa nell'ambito dell'inchiesta sui rapporti tra il clan di Brancaccio e ambienti della politica locale[6].Con gli elementi raccolti, gli inquirenti ritengono che, attraverso Antonio Borzacchelli e Miceli (precedentemente assessore UDC al Comune di Palermo, legato a Cuffaro) e grazie alle talpe presenti nella Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, Cuffaro abbia informato Giuseppe Guttadauro, boss mafioso ma anche collega medico di Miceli all'Ospedale Civico di Palermo, e Michele Aiello, importante imprenditore siciliano nel settore della sanità, indagato per associazione mafiosa, di notizie riservate legate alle indagini in corso che li vede coinvolti.
Nel settembre del 2005, Cuffaro per questi fatti, negati dall'interessato, è stato rinviato a giudizio per favoreggiamento aggravato alla Mafia e rivelazione di notizie coperte da segreto istruttorio, mentre non è stata accolta l'accusa di concorso esterno. Secondo il GUP è accertato che abbia fornito all'imprenditore Aiello informazioni fondamentali per sviare le indagini, grazie a una fonte non ancora nota, incontrandolo da solo in circostanze sospette, riferendo che le due talpe che gli fornivano informazioni sulle indagini che lo riguardavano erano state scoperte. Nell'incontro, anche una discussione riguardante l'approvazione del tariffario regionale da applicarsi alle società di diagnosi medica posseduta dall'imprenditore. Aiello ha ammesso entrambi i fatti, Cuffaro afferma soltanto che si sia discusso delle tariffe. Il GUP ipotizza inoltre che il mafioso Guttadauro sia venuto a conoscenza da Cuffaro delle microspie, in funzione del suo rapporto con Aiello, sempre per via del contatto con i due marescialli corrotti, in servizio ai nuclei di polizia giudiziaria della Procura di Palermo, uno dei quali è stato l'autore del piazzamento delle microspie. Secondo una perizia ordinata dal tribunale nel corso del processo a Miceli, nei momenti in cui si è scoperta a casa di Guttadauro la microspia, sarebbero state confermate le testimonianze secondo le quali la moglie del boss mafioso ha dato merito a Totò Cuffaro del ritrovamento.
Nel dicembre 2006, Miceli è stato condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa, condanna confermata in appello il 16 ottobre 2008, con pena ridotta a sei anni e mezzo.
I "cannoli del presidente".
Il 15 ottobre 2007 il procuratore aggiunto del processo a Cuffaro, Giuseppe Pignatone, ha chiesto 8 anni di reclusione per l'attuale Presidente della Regione Siciliana, per quanto riguarda i seguenti capi d'imputazione:
favoreggiamento a Cosa Nostra
rivelazione di segreto d'ufficio
Il 18 gennaio 2008 Cuffaro viene dichiarato colpevole di favoreggiamento semplice nel processo di primo grado per le 'talpe' alla Dda di Palermo. La sentenza di primo grado condanna Cuffaro a 5 anni di reclusione nonché all'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Cuffaro assiste alla lettura della sentenza nell'aula bunker di Pagliarelli e dichiara immediatamente di non essere intenzionato ad abbandonare il suo ruolo di presidente della Regione Siciliana. Nel frattempo, la pubblicazione di una serie di foto che lo ritraggono con un vassoio di cannoli, mentre apparentemente festeggia per non essere stato condannato per favoreggiamento della mafia[13], provoca un grande imbarazzo. Il 24 gennaio 2008 l'Assemblea regionale siciliana respinge la mozione di sfiducia (53 voti contro 32) presentata dal centrosinistra. Nonostante il voto di fiducia del Parlamento siciliano, Cuffaro si dimette due giorni dopo, nel corso di una seduta straordinaria dell'Assemblea. Il processo d'appello è iniziato il 15 maggio 2009 alla terza sezione della Corte d'appello di Palermo.
È inoltre accusato dal pentito di mafia Massimo Ciancimino (figlio dell'ex sindaco mafioso Vito Ciancimino) di aver intascato tangenti. Per questo è iscritto nel registro degli indagati della DDA di Palermo per concorso in corruzione aggravata dal favoreggiamento di Cosa Nostra assieme ai politici dell'Udc Saverio Romano e Salvatore Cintola e del Pdl Carlo Vizzini.
La condanna all'interdizione perpetua dai pubblici uffici non gli impedisce di sedere in Parlamento come Senatore nelle file dell'UDC.
Nell'ottobre del 2009 il pentito Gaspare Romano, imprenditore condannato per aver favoreggiato Giovanni Brusca, accusa Cuffaro di aver partecipato ad un pranzo con i mafiosi Santino Di Matteo, uno degli assassini di Giovanni Falcone, ed Emanuele Brusca, fratello di Giovanni.
Nello stesso periodo gli perviene un nuovo avviso di conclusione delle indagini per concorso esterno in associazione mafiosa, fatto che presuppone un nuovo rinvio a giudizio. La Magistratura presume che Cuffaro sia stato sostenuto elettoralmente dalla mafia sin dall'inizio degli anni novanta e che perciò sia a disposizione delle cosche.
Il 23 gennaio 2010 la Corte d'Appello di Palermo condanna Cuffaro a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato nel processo 'talpe alla Dda'. Rispetto alla sentenza di primo grado la pena è stata inasprita di ulteriori due anni, con l'aggravante di aver favorito Cosa Nostra. Dopo la sentenza Cuffaro ha annunciato di lasciare ogni incarico di partito e di voler ricorrere alla Corte di Cassazione.
Nel giugno 2010 la Procura della Repubblica di Palermo dispone una indagine sul patrimonio di Cuffaro, per accertare una eventuale sproporzione tra il patrimonio dell'ex presidente e il reddito dichiarato.
Il 28 giugno 2010 i pm Nino Di Matteo e Francesco Del Bene hanno chiesto la condanna a 10 anni di reclusione per Cuffaro, imputato con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa nel processo con rito abbreviato in corso a Palermo. La richiesta di pena tiene conto dello sconto di un terzo della pena previsto dal rito abbreviato.
È stato soprannominato da alcuni giornalisti "Totò vasa vasa" ("bacia bacia" in siciliano) per la sua abitudine di salutare tutti quelli che incontra con due baci sulla guancia.

calogero mannino.

Il 24 febbraio 1994 la Procura di Palermo avvia un'inchiesta nei confronti di Calogero Mannino, con la notifica di un avviso di garanzia, che viene arrestato il 13 febbraio del 1995 con l'accusa di concorso in associazione mafiosa: secondo l'accusa, poi rivelatasi insussistente, Mannino avrebbe stretto un patto con la Mafia per avere voti in cambio di favori. Dopo un periodo di detenzione (nove mesi di carcere e tredici di arresti domiciliari), durante il quale si mette in moto un'ampia mobilitazione sostenuta anche da una raccolta di firme per la scarcerazione motivate dalle sue precarie condizioni di salute, nel gennaio del 1997 viene rimesso in libertà per scadenza dei termini di custodia cautelare.
Nel 2001 Mannino è assolto in primo grado perché il fatto non sussiste.
L'assoluzione viene impugnata dal Pubblico Ministero e la Corte d'Appello di Palermo, nel maggio 2003, lo riconosce colpevole di concorso esterno in associazione mafiosa fino al 1994, e condanna Mannino a 5 anni e 4 mesi di reclusione.
Nel 2005 la Corte di Cassazione annulla la sentenza di condanna riscontrando un difetto di motivazione, rinviando ad altra sezione della Corte d'Appello. Nell'occasione il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, nel chiedere l’annullamento della sentenza di condanna, così si esprime: “Nella sentenza di condanna di Mannino non c’è nulla. La sentenza torna ossessivamente sugli stessi concetti, ma non c’è nulla che si lasci apprezzare in termini rigorosi e tecnici, nulla che possa valere a sostanziare l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Questa sentenza costituisce un esempio negativo da mostrare agli uditori giudiziari, di come una sentenza non dovrebbe essere mai scritta...”.
Il 22 ottobre 2008, riprendendo la sentenza di primo grado, i giudici della seconda sezione della Corte d'Appello di Palermo assolvono Mannino perché il fatto non sussiste. La procura generale di Palermo in seguito impugna l'assoluzione, facendo ricorso in Cassazione.
Il 14 gennaio 2010, la Corte di Cassazione assolve definitivamente l'ex ministro democristiano, confermando le tesi contenute nella sentenza d'appello.

saverio francesco romano.

Saverio Romano, nel 2003, è stato indagato dalla Procura di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione. Il 1º aprile 2005 il gip ha accolto la richiesta di archiviazione della Procura con la seguente motivazione: «Gli elementi acquisiti non sono idonei a sostenere l' accusa in giudizio».
Nel 2009, il testimone di giustizia, dichiarante di mafia, Massimo Ciancimino (figlio dell'ex sindaco mafioso Vito Ciancimino) lo accusa di avergli pagato tangenti per 100 mila euro per questo è iscritto nel registro degli indagati della DDA di Palermo per concorso in corruzione aggravata dal favoreggiamento di Cosa Nostra assieme ai politici dell'Udc Totò Cuffaro e Salvatore Cintola e del Pdl Carlo Vizzini.


giuseppe drago.


Nel 2003 è stato condannato in primo grado per il reato di peculato dal Tribunale di Palermo, con sentenza della prima Sezione penale del 3/2 - 8/10/2003, alla pena di tre anni e tre mesi di reclusione, per essersi appropriato di fondi riservati della Regione Siciliana. Il 24 gennaio 2003 è stato condannato dalla Sezione giurisdizionale per la Sicilia della Corte dei Conti "a restituire alla Regione Siciliana la somma di euro 123.123,00 per l'utilizzo improprio, anche dopo le dimissioni dalla carica, di tali fondi riservati". Nel novembre del 2006 la Corte di appello di Palermo conferma la condanna.
Nel maggio 2009 la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con sentenza n. 23066, conferma la condanna a tre anni e l'interdizione dai pubblici uffici (per una durata da stabilire in sede di esecuzione della pena), nei confronti degli ex presidenti della Regione Siciliana Giuseppe Drago e Giuseppe Provenzano che si sono appropriati, senza fare rendiconti, dei fondi riservati della Presidenza della Regione; per entrambi, la pena è condonata. La questione era stata sollevata dall'on. Angelo Capodicasa, presidente della Regione Siciliana che li ha succeduti. A causa della pena accessoria, applicata con ordinanza della Corte di appello di Palermo del 13 novembre 2009, dell'interdizione dai pubblici uffici temporanea, Giuseppe Drago dovrebbe perdere il diritto ad occupare il seggio alla Camera dei deputati.

fonte Wikipedia.

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