O vogliamo scrivere escort, in omaggio al cuore pulsante della nostra Era? Non si capisce perché era e perché nostra? Vorreste concedere di meno alla preminenza storica di tanto premier? Questa miniera di qualità, questo bouquet di virtù senza pari, questo autentico astro nel panorama etico-politico del nostro tempo e del nostro mondo. Forse in qualche altro pianeta lontano se ne troverà almeno il quasi equivalente, ma nel nostro chi oserà dubitare di questa unicità assoluta? A proposito di sistemi solari, qualche settimana fa gli astronomi ne hanno scoperto uno a duemila anni luce di distanza dal nostro. Ecco, forse in quel remoto angolo dell’Infinito pluri-galattico ci troverà un facsimile del cavaliere Silvio Berlusconi, in arte premier (in attesa di salire sull’irto Colle: perché irto? Be’, qualche ostacolo se l’è pur messo, lo Scalatore, sul sentiero che a quel Colle conduce, no?). Intanto io penso a quel sistema solare distante 2000 anni luce dalla terra: significa che noi lo “vediamo” com’era 2000 anni fa. Considerando che la luce viaggia a 300.000 chilometri al secondo, immaginiamo quanti ne entrano in quel mostro di cifra, che pure non è tra le alte di questo campo. Sia detto per ricordare come siano piccine le nostre faccende inserite nell’infinità del cosmo. E’ bene ricordarcelo, di tanto in tanto, per non soccombere di rabbia o di fame. Fosse pure soltanto fame di giustizia. Ma tenendo presente l’altra, la più elementare e drastica del biocosmo, presente e operante, con mostruosità quantitative di vittime, in gran parte del nostro bel pianeta azzurro (così dicono di vederlo gli astronauti dallo “spazio”), negli stessi tempi e in luoghi contigui a quelli dove si sciala di superprofitti, di megastipendi, di bonus a gogò per i bravi procacciatori di profitti. E per i nostri alacri parlamentari di vario livello e nomenclatura (nazionali, regionali…)
Da quanto ci è scappato finora dai tasti si sarà cominciato a intuire il nesso tra il sostantivo e l’aggettivo del titolo: com’altrimenti potremmo qualificare, noi, gli esclusi da questa macro-pacchia (del resto, neppur desiderabile), una libertà che concede tali favori in così spudorata impunità? Nell’antichità pagana e politeista era in uso la prostituzione sacra: belle fanciulle opportunamente selezionate (e onorate) sacrificavano la verginità a Venere e alle dee equivalenti delle religioni contemporanee. E restavano o venivano per un certo numero di giorni nel tempio della dea a fare le escort sacre. Nessuna vergogna, nessun disonore: questo era l’uso, questo il costume controllato dalla casta che in tutti i secoli e seculorum ha succhiato alla grassa mammella della Fede. Infatti, il gruzzoletto ammucchiato dalle generose prestazioni di quelle creature predilette veniva regolarmente (cioè, secondo le rigide regole di quel mercato) raccolto e gestito dai sapientissimi preti finanzieri. Oggi non abbiamo Veneri e Giovi, ma a una divinità sacrifichiamo pure, comprese verginità e dignità sessuale di giovani donne e tenere fanciulle (perfino minorenni). In queste nobili e pie imprese siamo assistiti dalla non meno sacra e più meritoriamente escort battezzata Libertà (la maiuscola è d’obbligo). La misteriosa divinità che onoriamo di sacrifici e nobili imprese è nota, fra quei perditempo dei moralisti, col nome di Mammona. Ecco un dio che dona gioia e soddisfazione senza limiti a chi lo onora, con la mediazione assistenziale della Libertà escort.
Che i dottori del liberismo non trovino nulla da obbiettare a simile civiltà, be’, fa parte del gioco. Un gioco che dura da millenni. Giusto perché nella fame originaria dell’animale come delle piante esiste un congegno di autoregolazione, in grazia del quale il soggetto trofico assorbe dall’ambiente quanto gli basta per “andare avanti” nel gioco (e col giogo) della vita. In certe piante (ficus e simili) questo freno non sembra funzionare. E nemmeno in certi animali: un barracuda divora incessantemente e un cetaceo ingurgita quintali di pesci e pesciolini al giorno. Ebbene, l’uomo, questo capolavoro della biogenesi evoluzionistica, è (parlando per generalia) meno dotato di freni inibitori per quanto riguarda certe trasposizioni dell’originaria fame alimentare: denaro in primis. Si dirà e il libero arbitrio? Ciarle di preti e filosofastri, ben confrontabili con quelle sulla libertà in generale. In realtà, l’unica chance che assiste homo sapiens sapiens (mai dimenticare il doppio aggettivo!) è questa possibilità di trasporre il cibo originario in altri cibi (di non immediato consumo ingestivo), denaro in primis, in quanto mezzo per altri consumi: notorietà, potere, sesso, e via salendo. La quantità di bipedi bulimici che sanno trasferire l’originaria pulsione fagica verso obiettivi di cultura scienza solidarietà e simili virtù è così esigua che non basta a compensare (tanto meno a frenare) l’ingordigia bulimica dei divoratori mammonici.
I quali, tuttavia, corrono un rischio: la rivolta dei popoli. O, se vogliamo essere più coerenti con l’ispirazione di questo sfogo, la rivolta dei paria, dei poveri, degli affamati di cibi primari, dei disperati, che l’oppressione dei ricchi, dei privilegiati, degli arroganti padroni finisce per spingere all’esasperazione. Arriva un punto di saturazione oltre il quale nessuna moltitudine resiste nella “virtù” della sopportazione inerte. O soltanto “scenografica” (cortei, slogan, sit-in, cartelloni…). Ed esplode. Come sta succedendo sotto i nostri occhi video-serviti e telematici, in questi giorni. Dal piccolo incendio della Tunisia si è arrivati al grande “spettacolo” dell’Egitto, transitando per l’Algeria, l’Albania, lo Yemen… E’ accaduto mille volte nella storia, ma homo memor super, con la sua memoria dilatata all’infinito dalla rivoluzione informatica, non sembra in grado di memorizzare a dovere questo piccolo particolare: prima o poi una rivolta incendia gli Stati radicati nell’eccesso delle disuguaglianze, della discriminazione fra privilegiati e sacrificati. E sia detto con tutte le gradazioni possibili e fattualmente verificabili nella distinzione binaria semplificatrice. Chi, fra i miliardari dello scippo economico e finanziario, e fra i politici stolti dei cosiddetti partiti moderati, non teme e non prevede esiti rivoluzionari al sangue come naturale effetto secondario (nei foglietti dei medicinali sta scritto “effetti collaterali”) dell’eccesso di sopraffazione, di vergogna immorale eccetera, è degno di una patente di imbecillità.
Ma se l’effetto collaterale più drammatico (rivolta e rivoluzione) è di lunga maturazione (fino a sembrare, a volte, impossibile), non c’è penuria di quelli quotidiani: l’economia liberista ne produce a milioni ogni giorno, ma queste sono le vittime invisibili, lontane dai nostri occhi e cuori intenti al nostro particolare. Di tanto in tanto un evento eclatante ci riporta al più tragico presente: eccone uno che, mentre scriviamo, impegna la rara sensibilità autentica dei più reattivi esemplari parlanti e l’eloquenza ciarlona dei talk show con relativi esperti preti psicologi e altre anime pie del presenzialismo mediatico. Stiamo alludendo all’incredibile morte dei quattro bambini rom bruciati vivi da un banale fenomeno di natura: un piccolo incendio di quella parodia di abitazione dove aspettavano i genitori usciti per racimolare qualche soldo. Immersi nell’indignazione occasionale, ascoltiamo belle parole e accorate analisi, ma intanto l’orrido destino delle quattro vittime scivola sul piano inclinato dell’assunzione mediatica: diventa uno dei tanti argomenti dello scialo verbale. Dentro il quale è ben difficile imbattersi nella giusta analisi delle cause remote e di sistema. Che, a ben guardare, impattano sempre nella Grande Meretrice Libertà.
La quale ha molte facce, com’è (o dovrebbe essere ) noto. Prendiamo la nobile finanza delle grandi firme, dei grossi operatori, delle impazienti traslazioni, delle scalate piratesche, dei matrimoni di stretto interesse ad augendum, e delle altre liberissime operazioni. Comprese quelle sporche di inside trading, libera pirateria e altre modalità operative del mammonismo rampante. Sappiamo tutti che certe operazioni riuscite hanno code criminose, cioè mortali per qualche singolo sconfitto. O drammatiche per popoli interi, esposti a conseguenze letali per molte loro unità individuali. Ma, siccome il sangue non ci scorre sotto gli occhi, questi effetti restano coperti al nostro sguardo. E nessuno li connetterebbe con la morte imperdonabile delle quattro vittime romane. Quando il sindaco Alemanno deplora l’accaduto e annuncia la distruzione degli alloggi abusivi (e precari) promettendo una sistemazione abitativa più sicura e legale, vien fatto di pensare: perché il problema si scopre solo ora? Risposta ovvia, ma sgradevole: perché il sindaco (come ogni suo pari) era in tutt’altre faccende affaccendato. Legittime, per carità, ma non fino al punto da lasciare a una banale luminaria “libertà” di uccidere atrocemente quattro innocenti. Magari tra queste faccende c’era la sanatoria per la molto libera (e poco onorata) parentopoli che ha fornito lavoro alla libera stampa e a quella meno libera
Le avatars della escort Libertà sono tante (fin troppe), e si può accennare soltanto (di volta in volta) a qualcuna. Per concedersi un piccolo abuso di riso amaro, (ben più di quello che fa il titolo di un famoso film con Silvana Mangano!) pensiamo ai becchini dei veleni che hanno promosso gran parte del nostro territorio a causa attiva di malattie mortali di corso più o meno lungo. Certe meritorie inchieste televisive mostrano casi talmente estremi da sfiorare l’incredibile: sono altamente inquinate zone più o meno ampie di territorio, corsi d’acqua, laghi, litorali, e persino mari, in Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Lazio (fino alle porte di Roma). E via salendo, ma in regime di attenuazione. Quest’ultima notizia va correlata al fatto che i nordici pagano operatori-traditori delle varie cosche malavitose e sbarcano i loro veleni nei territori dei sudici. Che poi accada il contrario per certi rifiuti speciali dipende dal fatto che al nord sono attrezzati. Come ragionano, committenti e specialisti operativi del crimine mal catalogato? Committenti: non siamo forse liberi di vendere la nostra mercanzia? Paghiamo, che si vuole di più? I criminali in primo piano: quanto chiasso! Che forse li buttiamo dentro le case, i rifiuti? E’ un lavoro come un altro, via. Come no! C’è per nulla la divina Libertà? L’esempio, tristemente dilagante, trasmette un messaggio che la retorica contro la pena di morte si rifiuta di ricevere: si può uccidere in mille modi, l’utilizzo della monnezza è solo uno (o un grappolo) dei tanti. I responsabili, in uno Stato normale, dovrebbero essere trattati come assassini. E’già difficile prenderli, si sa. Ma si sanno tante cose: per esempio, che certi politici sono creature della camorra o della ‘ndranghita o di “cosa nostra”: se ne parla, si accusa, ma gli amici degli amici sono ancora in Parlamento. In attesa delle prove processuali di terzo grado.
Dove si combatte sempre più vigorosamente contro quei pezzi della magistratura che tentano di fare il loro lavoro istituzionale, normale, naturale. Il premier non è d’accordo su quella doverosa normalità. E i giornali ricantano titoli inflazionati: I pm chiedono il giudizio immediato. Berlusconi: stanno violando la legge. Non rispettano il Parlamento (Corsera, 9 febbraio1). Caso Ruby, la richiesta dei pm: giudizio immediato per due reati […] concussione e prostituzione minorile. Affondo dei legali del Cavaliere. “Milano viola la Costituzione”(ib.). “Pm eversivi, farò causa allo Stato”Berlusconi pronto a portare al Quirinale il decreto sulle intercettazioni (Ib.,10. 02). E ancora: Pdl, documento anti giudici.“ Si vuole sovvertire il voto” Sfogo del premier: schifo eversivo. “Schifo” mi pare nuovo come insulto ai giudici. E forse anche “fango”; non così “vergogna” e altre qualifiche presenti nel testo dei vari servizi. Il Cavaliere si aggiorna. E intanto serra le file, come suona un altro titolo: Offensiva in Parlamento, parte la “chiamata alle armi”. Tutta questa frenesia (lei, sì eversiva) avviene mentre quel tronfio pseudo pretoriano della legalità, Marco Pannella, briga con tanto premier che della legalità fa strame da tre lustri. Sì, i volti (e le maschere) della Libertà escort sono tanti. Troppi. I più esilaranti sono quelli teorici, alla Ostellino, per esempio. Il quale, pranzando tutti i santi giorni con la divina avvolta nella vestaglia della teoresi pura, giunge anche a questa aurea tappa: se una donna scopre di essere “seduta sulla propria fortuna” e decide, per raggiungerla, di usarne l’avatar anatomico non è da criticare. Ognuno è libero di usare il proprio corpo come gli piace. E così anche se l’“ognuno” è una bella donna di ghiotte prosperità formali. Evviva la libertà. Che, tuttavia, dovrebbe valere (o no?) anche per chi si concede il capriccetto di criticare. Per esempio, distinguendo tra donna rispettabile e liberissima escort di vario livello. Compreso quello (sempre invidiabile per chi sta “seduta sulla propria fortuna”) delle Nicole Minetti, Nadia Macrì, Sara Tommasi e le altre colleghe del nuovo caso (in pieno travaglio mediatico) targato Napoli-Silvio Berlusconi.
Licenziamo questo scritto con un altro titolo piccante: Ferrara: manifesto contro i puritani.”Non voglio darla vinta a quelli del Palasharp, la loro è una crociata giacobina”. Dove si vede (ancora una volta) che la Libertà può essere una escort disponibile a qualsiasi trattamento: teorico e pratico. Ma sull’elefantino del Foglio sarà il caso (forse) di intervenire con un altro libero sfogo. E ci congediamo da questo con un altro primato semantico della divina escort. Lo segnala l’infaticabile Gian Antonio Stella, svelatore di magagne, fustigatore di escort di ogni genere, sotto questo titolo (Corsera del 29. 12. 2010): Senatori stakanovisti. Ma quando mai. Il 23 dicembre scorso il presidente del Senato, Schifani, fila questa sviolinata ad usum delphini :”da tempo vi è nel nostro Paese una campagna contro pezzi delle istituzioni, viste come ‘casta’. La migliore risposta che questo ramo del Parlamento sta dando a chi intende essere polemico nei suoi confronti è che oggi, 23 dicembre, alle ore 17, all’antivigilia di Natale, siamo ancora qui a lavorare.” Dopo applausi, la scintillante prosa riprende il suo libero corso: “Credo che questa sia una risposta fattuale, a dimostrazione del fatto [sic] che non siamo una casta; siamo persone, possiamo sbagliare o meno, ma sicuramente lavoriamo nell’interesse e per il bene del Paese”. All’originale exploit oratorio segue questo annuncio: “Il Senato tornerà a riunirsi mercoledì 12 gennaio 2011”. Postilla Stella, col solito humour: “Cioè venti giorni dopo. Il tempo necessario a festeggiare Gesù Bambino, S. Stefano, S. Giovanni Evangelista, S. Silvestro, S. Fulgenzio, l’Epifania e un’ultima domenica di festa con allegati (massì esageriamo) il lunedì e il martedì successivi. Un mega-ponte esteso a tre campate settimanali. Evviva.” E ricorda a questi patres Patriae stakanovisti secundum quid che l’aula di Palazzo Madama era stata convocata appena “117 su 365. Due alla settimana. Con un minimo di 4 giorni in agosto (che afa! che afa!) e un massimo di 13 giorni (massacrante: quasi uno su 3!) in maggio”. Che dire? L’autore della Casta continua, bensì, ma noi chiudiamo qui, con un saluto alla Libertà escort. E un inchino alla sua sempre verde fortuna mondiale.
Pasquale Licciardello
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