La morale è dogmatica, assertiva, sicura, ineludibile. La morale è di una religione o di una setta, di un gruppo comunque, di pochi o molti, ma non di tutti, anche se quei pochi o molti che siano tendono sempre a universalizzarla. La morale è un dettato, un obbligo che, quasi sempre, deve riguardare gli altri. La morale è benevola verso noi stessi (o il nostro gruppo/setta) ma categorica verso gli altri.
L'etica è dubbiosa. L'etica non ha prospettive eterne ma si accontenta di vivere il quotidiano. L'etica è laica, è del cittadino e non del suddito. L'etica s'impone prima a se stessi. L'etica è democratica, partecipata, discussa, argomentata.
Lo stato italiano non è etico ma morale. La chiesa per sua stessa natura adotta la morale e non l'etica. E fin qua pazienza! Il guaio è che la chiesa e lo stato italiano si rifanno ad una doppia morale, come se le tavole di Mosè contenessero in calce un'appendice "Sono solo per il popolo e non per chi lo governa". Così diventano peccati veniali quelli dei governanti e mortali quelli dei sudditi che sono costretti a non divorziare, a non morire, a non fare l'amore. La contropartita? Otto per mille, esenzione dell'iva, insegnanti di religione pagati dallo stato, finanziamenti alle scuole private, etc, etc. Totus tuus è il motto scelto da Benedetto XVI, modestamente vorremmo suggerire in cambio "pecunia non olet".
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